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Dottor Antonio
Il re dei cuochi della cucina vegetariana
197241 1896 , Milano , Premiata Ditta Editrice Paolo Carrara 50 occorrenze

Il re dei cuochi della cucina vegetariana

(Pseud. sc. 2, a. 3). Ne parla Plinio sotto il nome di Lapathum. L'acetosa contiene, secondo le ultime scoperte, molte materie albuminoidi, il che è

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da cui lo spagnolo albaricoque e il nostro italiano albicocca. i Romani lo chiamavano: mela armeniaca. Al tempo di Plinio era rarissima. Egli con

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verdura. Tutti gli scrittori, da Galeno a Catone, da Columella a Plinio, ne parlano coll'aquolina in bocca. In Italia erano rinomatissimi quelli di

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Plinio suggerisce di condirla colla senape. Erano celebrate quelle di Aperea, che era un paesucolo della Beozia, e forse non aveva che quelle.

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(Cap. IV, 14). — Plinio, dice che à ogni sua ricchezza nella corteccia «Omnem in vortice dotem habens.» Fu sempre ritenuto come un eccitante e

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e Plinio che lo annovera fra i frutti peregrini. È stimolante e facilita la digestione. In medicina, si usa la corteccia della radice e godette già

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radicem cinarae tum crudam, tum coctam cibum gratissimum esse, et inter exquisitiores dapes recensentur. Plinio ci tramanda che a coquis celeberrimi

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Il che vuol dire: comunque le ammaniate, sono porcherie. Plinio invece, di visceri a prova di bomba, dopo aver detto che dai Greci i marroni erano

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Plinio li maltratta e Catone ne canta le lodi. I Romani, un bel dì cacciarono da Roma tutti i medici che rimasero esiliati per lunghissimo tempo e

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raccoglie alla line d'agosto. La virtù germinativa si conserva fino ai 6 anni. Plinio (libro 18, cap. 12), vuole che non si semini se prima non sia stato

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fegato, e secondo Beval in quelle degli occhi. Plinio ci assicura che i semi del cerfoglio erano molto in uso ad Atene — ed il commediografo Aristofane

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grammi in un litro d'acqua. Plinio asserisce che il primo che introdusse in Italia il ciliegio fu Lucullo l'anno 680 dalla fondazione di Roma, e ve lo

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. Galeno voleva che si abolisse dai cibi dell'uomo, come la più iniqua delle vivande, e Plinio asseriva che gli restava sullo stomaco fino al giorno dopo

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, Teofrasto e Plinio ne fanno menzione.

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serviva a constatare pure il decesso. Dalla fava ebbe nome la onorata e guerriera famiglia dei Fabi romani, dei quali Plinio scrive, che in una rotta

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coi fichi, e Plinio difatti racconta che in molti luoghi il fico teneva luogo di pane. In Sicilia fu portato da Titano Oxilon, figlio di Osio. Dai

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attribuiva al finocchio grande virtù sulla vista, e Plinio asserisce persino, che le serpi mangiandone lascino colla pelle la loro vecchiezza. I gladiatori

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La sua coltivazione vuolsi sia posteriore ai tempi di Plinio e Palladio — ma fu cibo ricercato e tenuto squisitissimo fino dai tempi più remoti,

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Farina (da farre, Plinio). — Mil.: Farina. — Franc.: Farine. — Ted: Mehl. — Ingl.: Meal, Flour. Spagn.: Harina.

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. Plinio li chiama: gulae novissima irritamento. Difilo, filosofo, li commenda, ma li chiama cibo sospetto. Cardano li teneva come pianta nemica dell

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Augusto, fu quello che primo lo portò in Italia dall'Africa. Plinio lo chiama jujubas. La giuggiola è digeribile e può conservarsi secca. Se ne fanno

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Plinio dice al libro XXV, cap. 2: Hyssopum in oleo contritum phthyriasi resistit et prurigini in capite. Non traduco la sentenza di Plinio per

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môra ai viaggiatori assetati e affaticati dal caldo e dalla strada. Plinio dice che sono rinfrescanti. I Romani la mangiavano dopo il pranzo.

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. — Plinio asserisce che il lauro era segno di pace fra i combattenti (lib. c. 30). Se ne cingevan nei trionfi gl'Imperatori e i Sommi Pontefici, poi

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Ovidio scrisse: «Io trovo presso gli antichi scrittori che chi mangia lenti acquista pazienza d'animo». Pare però sia una freddura di Plinio sulla

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Europa. Plinio parla d'un frutto detto Pomo di Media che i greci chiamavano Kitrion. Si vorrebbe che ai tempi di Plinio il limone non fosse ancor portato

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de mej, perchè una volta anche da noi se ne usava, onde il sonetto del Burchiello: Perchè a Milan si mangia pan di miglio ? Plinio al lib. 28, cap

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. Appare, da qui, che ai tempi di Plinio si coltivava la varietà bianca, e che fino d' allora il miglio serviva per chicche da offelleria. In Asia se

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nasus tortus, dice Plinio, perchè fa arricciare il naso od eccita le papille nasali come la senape. Ne dissero mirabilia Dioscoride, Galeno, Avicenna. Gli

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I Greci chiamavano la nocciola: nux pontica, per essere stata portata, al dir di Plinio, in Asia e in Grecia da Ponto, come pure si chiamava a Roma

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delle noci bruciate è uno dei principali ingredienti dell'inchiostro del Giappone. Fino dai tempi di Plinio era nota la maniera di tingere le lane colla

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suo rito, benedice l'olivo e lo distribuisce ancor oggi segnale di pace a' suoi fedeli. Sulla fede di Plinio moltissimi pretendono che l'olivo sia

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renana, ove era prelibata, e dove la si pagava come tributo ed imposta. Dioscoride la dichiarò delicata, ori gratam, ed eccitante l'appetito. Così Plinio

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uso e tenuta in conto di cosa preziosa. Al tempo di Plinio si vendeva a peso d' oro e d' argento — abbiamo ancora il proverbio: caro come il pepe, il

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riferisce Plinio. La pera è celebrata pure da quel ghiottone d'Orazio. Gli antichi Romani a tutte le specie preferivano la pera celebrata anche da

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I Greci, fatta astrazione di Dioscoride, che la chiama frutto salubre, la tenevano come nociva, quasi velenosa. Plinio la dichiarò salubre ed innocua

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persico fu conosciuto ed acclimatizzato da noi dopo la spedizione di Alessandro e bisogna che fosse assai raramente coltivato, perchè al tempo di Plinio

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22 specie, e Plinio 29 ed ora se ne contano più di 2000 varietà; tra queste, le più apprezzate sono l'azzeruola (pomm pomell), la pupina (popin) od

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(Plinio, libro 14). Giovenale, nella cena che diede a Persico, apprestò dei pomi piceni, i quali, secondo Orazio, ànno la palma su tutti i pomi

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allora acquista un gusto molto aggradevole. Cotonea cocta soaviora, disse Plinio. Gli antichi lo tenevano molto in pregio e volevano che esistesse

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lisciare e fissare i capelli. Teofrasto e Plinio ne parlano coll'aquolina in bocca; anzi, Plinio insegna a cocerli nel miele, Galeno e Paolo Egineta

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Plinio però anteponeva a questi, quelli d'Egitto. E difatti gli Ebrei, tolti alla schiavitù da Mose, rammentavano sospirando i cocumeri, i meloni, i

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vincitori nei giuochi nemei. Plinio assicura che l'uso del prezzemolo dà bon odore al nostro corpo. À pure la proprietà di dissipare l'ubbriachezza e di

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Francia se ne prepara vino, birra ed una certa specie di sciroppo. I Romani lo chiamavano armoracea, nome che ancor conserva. Al dire di Plinio, i

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gennaio a febbraio e si continua fino a che le piantine non emettano il fusto seminale. Coltivata diviene più grossa. A virtù alquanto tonica. Plinio la

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che in Italia invece era anticamente conosciuto. Plinio scrive che in Italia

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legumi e le frutta si colgono. La segale non pare fosse conosciuta dai Greci, nessuno dei loro scrittori ne parla. Dei Latini il solo Plinio ne fa

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precisamente dalla Paflagonia, dove esisteva pure la città di Sesamon, chiamata poi Amastris, della quale parla Plinio. In Bologna se ne sono fatte molte

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prevenire gli effetti della crapula. Bacone dice che provoca il riso, tien viva l'allegria e ritarda la vecchiaia. Plinio, che concilia il sonno. E

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Non è ben certo se gli antichi conoscessero lo zuccaro. Dioscoride, Galeno e Plinio parlano di uno zuccaro, che dalle Indie si trasportava nell

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